Le mamme, pur vivendo nello stesso quartiere, pur conoscendosi e ben sapendo di appartenere allo stesso ceto sociale, pur incontrandosi ogni giorno almeno due volte, non si salutavano, anzi ostentavano una nobiltà e una ricchezza che non apparteneva loro. Eccole alle prese con l’attenta predisposizione della borsa della spesa per farla apparire stracolma, al ritorno dal mercato.
In realtà l’operazione di riempire con carta e paglia tre quarti della borsa e poi far tracimare la stessa da una grossa foglia di “cimadirapa”, una coda di merluzzo e una mela lucidata sulla manica della maglia, era un trucco conosciuto e attuato da moltissimi nel quartiere, per ostentare un’inesistente ricchezza. Come quello di dare libera uscita ai figli, per mezzora, la domenica dopopranzo, con bocca e naso sporchi di sugo e con un “zippo” di scopa in bocca, per dare ad intendere ai vicini che in casa loro il ragù con la carne non mancava mai la domenica. Insomma quella che non mancava davvero mai era la puzza sotto il naso dei genitori.
Ai ragazzi, naturalmente, veniva impedito di frequentarsi. Altrettanto naturalmente i ragazzi erano spesso vittime di sonore “calate” dietro il collo quando, dando sfogo alla spontanea e reciproca simpatia, che erano costretti a mascherare fin da quando si erano incontrati la prima volta, accennavano ad un reciproco sorriso o saluto. Non potava durare. Pìite e Pàule dovevano diventare amici, a dispetto delle mamme e a rischio di essere “sfessati” di mazzate. Fu Pàule a rompere il ghiaccio. “Posso venire a giocare nel portone di casa tua?” Pìite si limitò a sorridere… poi corsero felici per tutto il lungomare, eccitati da quella prima trasgressione che li legò in un patto di sangue. Anche perché nella corsa presero a turno una spettacolare caduta, sbucciandosi l’uno il ginocchio e l’altro il gomito. Il dolore vero lo avvertirono al ritorno a casa quando ebbero “il resto” dalle mamme che pretesero addirittura una seconda ripresa, al ritorno dei padri che, pur essendo più tolleranti, furono costretti a togliersi la cinghia, per “far vedere”, e a menare alla cieca. L’amicizia di Pìite e Pàule si andava rafforzando proporzionalmente agli ostacoli che le mamme tentavano di frapporre ai loro incontri e ai loro giochi. “Andate a giocare nei portoni delle case vostre!” era l’acido rimprovero che spesso urlavano per dare sfogo alla rabbia e al tempo stesso per mantenere quella parvenza di signorilità a cui la puzza sotto il naso le costringeva.
Un giorno accadde ciò che avrebbe reso davvero unica e indissolubile quell’amicizia nata e cresciuta a dispetto di tutto e tutti: una lacrima timida, vergognosa, sincera, rigava il volto di Pìite nel vedere il “virruzzo” di Pàule spaccato in due dalle violente “zecche” sferrate con sadica soddisfazione da un giocatore della squadra avversaria! Pàule non pianse. Anzi consolò l’amico e ancora una volta corsero insieme, attraverso i portici dell’albergo delle nazioni, per il lungomare e giocarono a evitare i cavalloni che il maestrale aizzava fin sopra il marciappiede. Indescrivibile la “caricata” per essere tornati a casa inzuppati di acquamarina!
Stesse mazzate, stesse amicizie, stesso catechismo, stessa formazione, stessa passione per le cozze patelle che numerose ornavano gli scogli dal palazzo dell’Aeronautica al Barion e che i due amici ripulirono quasi totalmente negli anni, anche quando furono travolti da altre passioni. E furono pantagrueliche mangiate di ceci con la pasta mischiata, di patate riso e cozze, di allievi crudi, di cozze e provolone, di orecchiette e ragù del macellaio, di lenticchie con gli spaghetti spezzati… Con le donne no. Con le donne non avevano gli stessi gusti. Ma furono comunque indescrivibili … serenate. Il forte senso di gioco e avventura, spinse Pìite e Pàule a costruirsi nella “prateria”, di fronte al lido Marzulli, un specie di cuccia di cartone dove potevano a turno, tranquillamente fare all’amore, mentre l’altro faceva la guardia per gli “specchiettisti”.
Fu ancora una volta Pàule a rompere il ghiaccio. “devono fare la Sacra rappresentazione…che dici ci buttiamo pure noi? Tanto lo fanno tutti!” Poteva dire di no Pìite? Erano proprio Pìiteppàule… non volevano crescere…
Vito Signorile